PLC, cenni storici

I sistemi a logica programmabile (PLC), sono nati come evoluzione dei sistemi a logica cablata. Con questo termine si intende la realizzazione, tramite opportuni dispositivi, di una serie di funzioni logiche di tipo combinatorio e/o sequenziale. In funzione della tecnologia scelta si devono affrontare problematiche di tipo elettrico, pneumatico od elettronico, partendo sempre da una serie di tabelle della verità che definiscono i requisiti cui deve rispondere il sistema. Dette tabelle sono alla base delle scelte circuitali con cui verrà poi realizzato il sistema a logica cablata, ovvero un sistema che in base a dei segnali di ingresso fornisce determinati segnali d’uscita. Questo tipo di sistema è difficilmente modificabile e ampliabile, di difficile diagnostica, difficile da interfacciare con computer stampanti e terminali. Non è pertanto idoneo per sistemi di controllo complessi. Per sopperire a queste problematiche si è di fatto passati allo sviluppo di sistemi a logica programmabile o PLC, anche se in alcuni casi, poco complessi, è più conveniente utilizzare ancora dei sistemi a logica cablata.

La nascita dei PLC si può far risalire ai primi anni ‘70 sotto l’impulso dell’industria automobilistica, che sentiva il bisogno di automatizzare i propri impianti in modo rapido e flessibile. Da allora, i PLC hanno esteso il loro campo di applicazione e sono diventati il perno attorno al quale ruota l’automazione di quasi tutti gli impianti industriali. Il PLC ha decretato il declino dell’impiantistica tradizionale, con i suoi armadi stipati di relè, temporizzatori, contatori, ecc, e soprattutto innumerevoli cavetti. I PLC sono oggi diventati delle apparecchiature sofisticate spesso capaci di gestire funzioni non disponibili nella tradizionale logica elettromeccanica: gestione di periferiche, comunicazione con calcolatore centrale, sofisticato dialogo uomo-macchina, diagnostica e autodiagnostica, ecc.